Al mattino presto le lussureggianti colline sono ancora avvolte nella nebbia. I sentieri che scendono a valle sono punteggiati di gente carica di merci e diretta al mercato settimanale. E’ l’immancabile occasione di scambio e commercio per decine di popolazioni tribali che abitano questa remota regione dell’Orissa, India orientale. Rimasti ai margini del flusso della storia e del progresso, gli “adivasi”, così chiamati dalla maggioranza hindu, continuano da secoli a seguire il proprio stile di vita tradizionale, credono nell’animismo, nelle forze della natura, nella magia e vivono in regioni difficilmente accessibili che garantiscono un forte isolamento. Unica eccezione è il mercato. Bonda, Gadaba, Saora, Gond, Kutia, Paraja, Bhumia, Didayi, Durua, Bhattorha, Jatapu sono solo alcune delle popolazioni che si danno appuntamento nei mercati di Kotagar il martedì, Chatikona il mercoledì, Onkudelli il giovedì e Kundlu il venerdì, tutti situati nel distretto di Koraput, sud dell’Orissa.
E’ l’unica possibilità per incontrare queste popolazioni così genuine e ribelli. Esse formano un caleidoscopio di usi, costumi e credenze che il governo indiano ha cercato da anni di razionalizzare, dividendo queste etnie pre-vediche in gruppi più ampli detti “kondh”. A nulla sono serviti i vari tentativi di proselitismo religioso degli hindu che quindi sono stati costretti ad assimilare le credenze degli adivasi nell’infinito pantheon induista.
A Onkudelli alcune donne di etnia Bonda, pipa di tabacco in bocca, trasportano sulla testa un contenitore ricavato da una zucca pieno di “birra”, ottenuta dalla fermentazione di certi tuberi. Sperano di vendere la loro bevanda oppure scambiarla con prodotti di prima necessità. Sono completamente nude ma ricoperte da centinaia di lunghe collane fatte di perline e vecchie monete che formano un lungo vestito. Al collo luccicano diversi anelli di metallo mentre la testa, completamente rasata, è ornata da un copricapo, anch’esso variopinto. I Bonda sono senz’altro la tribù più famosa per la sua originalità oltre che per l’ostilità che hanno sempre manifestato nei confronti degli stranieri. Sono scontrosi e diffidenti, spesso ubriachi e chiassosi. Gli uomini si aggirano armati di arco e frecce avvelenate: la loro economia, infatti, si basa ancora su caccia, raccolta e qualche timida coltivazione nomade.
Al mercato di Kundlu c’è una maggioranza Paraja. Il nome deriva dal sanscrito “praja” che significa “gente comune”. Sono un popolo semplice, amichevole e ospitale. Il mercato è un vortice di colori, odori, luci e sguardi. Le donne Paraja vestono con sari colorati e sono ornate di collane, bracciali, anelli, orecchini e piercing nel naso, nelle orecchie e sulle labbra. Spesso recano tatuaggi vistosi su braccia e gambe. Sorridono sinceramente e nascondono timidamente il viso di fronte alla macchina fotografica.
Nel primo pomeriggio il mercato comincia a svuotarsi e la gente che lo ha animato rientra nei villaggi che distano anche decine di chilometri. Uscendo da questo territorio incantato, tra montagne e colline, ci si tuffa nuovamente nel traffico e nella caotica vita dell’India. Come un miraggio, in lontananza compare il lago Chilika, la più grande laguna d’acqua salmastra dell’Asia. Durante i monsoni estivi l’estensione del lago può raggiungere i 1.100 kmq.
Navigando su lunghe piroghe i pescatori locali contendono i pesci e i frutti di mare a falchi, aironi, gabbiani, egrette, gru e fenicotteri. Il paesaggio è superbo, punteggiato di isolotti come Kalijai dove il tempio dedicato alla dea Kali si specchia nelle acque argentee del lago. Risalendo il Golfo del Bengala verso nord si raggiunge finalmente la cittadina di Puri, uno dei luoghi di pellegrinaggio più sacri dell’India, con la sua vita religiosa che ruota attorno all’imponente tempio di Jagannath Mandir e soprattutto al suo famoso e sacro festival dei carri, Rath Yatra. Il tempio era conosciuto fin dall’antichità come la “Pagoda Bianca” che serviva da punto di riferimento per chi navigava nel Golfo del Bengala in contrapposizione alla “Pagoda Nera”, visibile a Konarak, circa 40 chilometri di distanza da Puri. Questo edificio di sublime bellezza viene chiamato “Tempio del sole” in quanto concepito come il carro cosmico del dio del sole, Surya. Sette possenti cavalli si impennano nello sforzo di trainare questo colosso posizionato su 24 ruote di pietra. Dichiarato un sito Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, il “Tempio del Sole” venne costruito nel secolo XIII dal re dell’Orissa Narashimhadev I per celebrare la sua vittoria contro i musulmani. Sul basamento e sui muri è raffigurata la vita a Kalinga (antico nome dell’Orissa), una cronaca di fatti e di amori incinella pietra. Le figure intagliate sulle ruote sono la massima espressione dello “stile erotico”, per cui Konarak è tanto famosa, e rappresentano i vari aspetti della vita amorosa. A soli 60 chilometri da Konarak sorge Bhubaneshwar, già capitale dell’antico Stato Kalinga. Il suo profilo è caratterizzato da una moltitudine di templi che mostrano l’intero sviluppo del particolare stile architettonico della regione. Gli edifici più antichi sono datati VI e VII secolo d.C. ma la storia documentata dell’area (famosa è la “Stele di Ashoka) risale a prima dell’era cristiana.
La costa dell’Orissa era considerata altamente strategica con i suoi porti da cui si salpava per Java, Bali, l’Indonesia e le drammatiche battaglie di conquista intraprese dall’imperatore maurya Ashoka nel III secolo a.C. ne sono testimonianza. Bhubaneshwar, è un labirinto di templi di tutte le dimensioni e le epoche in cui è piacevole perdersi. Un Paese dalle mille sorprese, l’Orissa, rimasto ancora genuino, selvaggio e sconosciuto alla maggior parte dei viaggiatori.
ORISSA QUASI AFRICA: POPOLI E ARTE
Partenza 19 gennaio 2014
Per saperne di più www.kel12.com
1° giorno – Partenza dall’Italia.
2° giorno – Visita di Calcutta, la più grande e caotica cittàdell’India.
3° giorno – Volo per Bhubaneshwar e visita alle grotte di Udaygiri e Khandagiri.
4° giorno – Bhubaneshwar e i suoi magnifici templi.
5° giorno – Konarak con il tempio di Surya e Puri, uno dei luoghi più sacri del pellegrinaggio hindu.
6° giorno – Barkul sul lago Chilika e Gopalpur on Sea.
7° giorno – L’area tribale di Pusanja.
8° giorno – Le tribù Desia Kondh e Mallia Kondh.
9° giorno – Proseguimento per Rayagada con sosta ai villaggi dei Desia Kondh.
10° giorno – Incontri con i Dhongariya Kondh al mercato di Majhiguda.
11° giorno – Il colorato mercato settimanale di Chatikona. Proseguimento per Jeypore.
12° giorno – Jeypore e la tribù Bonda.
13° giorno – Trasferimento a Visakhapatnam per prendere il volo diretto a Hyderabad.
14° giorno – Partenza per l’Italia.