La strada serpeggia fra dolci e fertili colline lasciandosi alle spalle la caotica capitale dell’Etiopia, Addis Abeba. Il traffico e gli edifici high tech della metropoli, frutto del recente boom economico, lasciano spazio a immense pianure coltivate e piccoli villaggi di capanne ordinati e puliti. La terra scura testimonia l’origine vulcanica di questo immenso altopiano che si estende a un’altitudine media di oltre 2000 metri. Superate le sorgenti di acqua minerale di Ambo, famose in tutto il Paese, si erge il vulcano di Wonchi (3.220 m.). Il fondo del ripido cratere è occupato da un lago al cui centro sorge un’isola con la bella chiesa ortodossa di Cherkos, dalla tipica pianta ottagonale. Più a sud l’altopiano degrada dolcemente fra vaste pianure coltivate a caffè, campi gialli di tef (il tipico cereale etiopico) e verdeggianti campi di manghi e banane. è la regione abitata dai Guraghe, laboriosa popolazione semitico-cuscitica che vive in abitazioni-capanna di grandi dimensioni spesso decorate all’esterno con simboli superstiziosi.
La regione, che si estende a ovest della grande Rift Valley fino a Jimma, è un vero “giardino dell’Eden”, il clima è sempre mite e le precipitazioni abbondanti. Molta gente in cammino sulle strade, pastori con le mandrie, contadini al lavoro nei campi e bambini in uniforme che vanno a scuola. L’Etiopia meridionale si svela dolcemente al viaggiatore, nella sua forma più semplice e suadente, prima di stupire con il suo crogiolo etnico, con la sua confusione linguistica e con i suoi forti contrasti caratteristici dell’estremo sud e della valle dell’Omo.
Arba Minch, la bella cittadina che si affaccia, dall’alto di una collina, sui laghi Chamo e Abaya è la porta d’accesso a questo mondo fantastico dove il tempo sembra essersi fermato. Sono territori abitati da agricoltori sedentari, cacciatori semi nomadi, pastori transumanti, mandriani per i quali le vacche sono tutto, guerrieri armati più di fucili che di lance. Qui si parlano un’ottantina di lingue e oltre cento dialetti. Sono popoli che vivono mischiati e si plasmano gli uni sugli altri, gli uni contro gli altri: genti nilotiche e sudanesi, ceppi omotici e cuscitici vivono a poca distanza gli uni dagli altri, a volte legati da vincoli famigliari, altre volte divisi da feroci faide generazionali.
Gaserchio, detto anche la “Manhattan” etiope per le sue bizzarre formazioni di arenaria, prelude allo spettacolare paesaggio abitato dai Konso. I loro villaggi fortificati sono circondati dai Waka, raffinati totem protettivi intagliati nel legno e dedicati agli antenati. Oltre Weito, spartiacque etnico che segna l’ingresso nella valle dell’Omo, si incontrano gli Tsemay, dalle raffinate acconciature di perline colorate. Più a sud si attraversano i territori Erbore, acerrimi nemici ed eterni rivali degli Hamer che hanno il loro centro nel piccolo villaggio di Turmi. Il mercato Hamer del lunedì è un’occasione per incontrare questa popolazione le cui donne sfoggiano un’acconciatura particolare, fatta di treccine impastate d’argilla. I giovani di quest’etnia praticano il “salto del toro” come rito iniziatico per entrare nell’età adulta e le donne della famiglia si fanno crudelmente frustare a sangue per dimostrare il loro attaccamento all’iniziando.
A Omorate, vicino al lago Turkana, sparpagliati su un vasto e inospitale territorio, vivono i Galeb, eleganti, vanitosi e dal fisico statuario. I Surma, popolo di pastori della sponda occidentale dell’Omo, invece, sono bellicosi, orgogliosi e diffidenti. Capaci di vivere, come comunità, senza un vero sistema di potere organizzato, i Karo sono degli artisti nella decorazione del corpo.
Il Parco Nazionale Mago, vicino a Jinka, è abitato dalla popolazione più bizzarra e ostile, i Mursi, famosi per le deformazioni labiali delle donne e per il “dunga”, la lotta con i bastoni. A oriente della valle dell’Omo vivono i Sidamo, agricoltori e pastori, conosciuti per il rispetto cocciuto dell’anzianità come valore supremo. I Borana, sempre verso est, sono il più importante dei gruppi oromo dell’Etiopia meridionale; sono celebri per i loro “pozzi cantanti” e per la raccolta del prezioso sale nero dal fondo del cratere di El Sod. Ma il mosaico etnico dell’estremo sud dell’Etiopia appare infinito: ecco i Bodi, i Bume, i Nyangatom, i Me’en, i Tishena, i Banni, gli Ari, i Dizi e i Koygu. Altre etnie sono microscopiche. Percorrendo l’immensa Rift Valley verso Addis Abeba si costeggia una serie di laghi vulcanici spettacolari. Nella cittadina di Shashamane c’è una grande comunità di Rastafariani dai lunghi capelli raccolti in “dreadlocks”, devoti dell’ultimo Negus Haile Selassiè. Popoli e realtà che aprono gli occhi sui reali valori dell’esistenza.
ETIOPIA DEL SUD: L’ULTIMA AFRICA, I POPOLI DELLA VALLE DELL’OMO (Kel 12)
1° giorno – Partenza dall’Italia.
2° giorno – Arrivo ad Addis Abeba e partenza verso Wonchi, regione abitata dal popolo Guraghe; escursione al cratere di Wonchi e proseguimento per Wolisso.
3° giorno – La regione di Wolisso e dell’etnia Woilata; arrivo ad Arba Minch.
4° giorno – Arba Minch: le 40 sorgenti, i laghi Abaya e Chamo, il villaggio Dorzè di Chencha.
5° giorno – Il popolo Derashe, la regione di Konso e il villaggio di Gaserchio, Weyto e la popolazione dei Benna, gli Tsemay e gli Erbore, il villaggio di Turmi.
6° giorno – Raggiungiamo Omorate, l’ultimo paese prima del Lago Turkana per incontrare i Dassanech. Rientro a Turmi in occasione del mercato settimanale.
7° giorno – La regione di Turmi: il mercato di Dimeka con gli Hamar; il villaggio di Korcho dei Karo.
8° giorno – Partenza in direzione nord verso Jinka, nel paese dei Gofa.
9° giorno – La regione dei Mursi, Key Afer e il mercato settimanale e proseguimento per Konso.
10° giorno – Da Jinka a Yabelo, nella terra dei Borana.
11° giorno – Il cratere di El Sod, Dubuluk e i pozzi cantanti; arrivo a Agere Maryam.
12° giorno – Awasa, il villaggio rasta di Shashamane e il Parco Nazionale di Abyata Shala, il lago di Langano.
13° giorno – Rientro ad Addis Abeba e visita della città.
14° giorno – Volo per l’Italia.