Affrontare un viaggio implica sempre una certa preparazione, la capacità di adattamento, una disposizione mentale aperta e permeabile ed una commistione variabile di disillusioni e sorprese. Un viaggio in Mongolia non fa eccezione e mette alla prova queste capacità. Capire perché è importante visitare questo paese è un passo fondamentale nella comprensione di una realtà che, seppur più o meno presente nell’immaginario collettivo, ha implicazioni nascoste e proposte alternative alla nostra idea di mondo.
La Mongolia è terra di nomadi ed i suoi vuoti e le sue assenze sono per chi non li vive sulla propria pelle, un assedio incomprensibile, sono significati muti alle orecchie dei sedentari. Imparare a decifrare questa cultura equivale ad imparare una nuova grammatica, la grammatica nomade. In Mongolia la geografia non ha concesso mediazioni; gli antenati dei mongoli, che qui hanno scelto di vivere, si sono semplicemente accordati a questo ciclico ritmo migratorio senza avanzare mai la pretesa di modificarlo.
Per chi viaggia oggi in questa terra le differenze principali rispetto a settecento anni fa, si esauriscono nella possibilità di scelta del mezzo di trasporto tra auto, moto o cavallo. Le stesse piste attraversano oggi paesaggi immutati da secoli, gli stessi ritmi scandiscono la vita di chi attraversa queste steppe tra paesaggi e silenzi che alimentano da sempre gli stessi sentimenti e le stesse fantasie.
L’opzione nomade, anche nella sua declinazione attuale, è un tale capovolgimento della nostra prospettiva sedentaria che la possibilità stessa di un’evoluzione umana che segue questo binario parallelo fatica ad essere compresa ed accettata perfino da chi si trova a contatto diretto con la sua esistenza.
La testimonianza di questa opzione evolutiva, la fiera resistenza dei nomadi ad una livellazione globale delle sempre più impercettibili differenze che compongono il variegato mosaico dell’esperienza umana su questo pianeta è senza ombra di dubbio un aspetto fondamentale di questo viaggio.
La possibilità di conoscere ed assimilare direttamente le sfaccettature di una società che ha riposto in valori solo apparentemente anacronistici la sua sopravvivenza ed il suo semplice benessere, arricchiscono i viaggiatori di esperienze culturali inestimabili.
La vita dei nomadi ed il loro retaggio sono uno dei fulcri attorno ai quali ruota il nostro itinerario, che non potrà mai prescindere dall’incontro con la quotidianità itinerante e dalla scoperta dello stile di vita, dei metodi di sussistenza e migrazione e dalle vivide testimonianze dei suoi protagonisti.
Prendere coscienza di questa alternativa, imparare a confrontarsi con essa, elaborare una prospettiva più critica del presente contribuisce ad erodere dalle fondamenta i pregiudizi e la paura del diverso, alimenta la curiosità e la necessità di sapere e dispensa talvolta lezioni inaspettate; questi sono i presupposti impliciti di un turismo discreto e responsabile che incontra realtà socio-culturali diverse con la speranza di un reciproco beneficio. Nella ricchezza e nella varietà del mondo risiede la sua incredibile bellezza e per difenderla è necessario conoscerla e capirla.
Il percorso a ritroso nella cultura mongola prosegue e porta subito distante dalla realtà caotica e moderna della capitale, perché ciò che si propone di mostrare non può prescindere dal palcoscenico della steppa, dove il nomade incontra il suo predicato: la natura, che declina tutta la sua esistenza.
La bellezza di queste terre è primitiva ed intatta, i panorami sono mozzafiato e gli scenari che si creano in complicità tra geografia e condizioni meteorologiche sono ogni volta unici ed irripetibili.
D’altra parte la loro inospitalità, esclusa la breve tregua estiva, è la costante immutabile della vita in questi luoghi. L’immersione in questa realtà totalizzante, l’assenza di riferimenti moderni e le sensazioni contrastanti di pace, solitudine e spaesamento inducono istintivamente uno stato d’animo ricettivo e attento che è la condizione fondamentale per cominciare a capire il significato intrinseco della vita errante: la sinergia totale dell’uomo con l’ambiente, l’assenza del concetto di sviluppo, l’accumulazione di un capitale spendibile solo nelle relazioni sociali. In Mongolia, come in pochi altri posti al mondo, è ancora possibile avere un’idea di quelli che sono i reali rapporti di forza tra l’uomo e la natura, dell’importanza del rispetto, del concetto di bene comune, di cosa si sta progressivamente distruggendo ed in cambio di cosa. La Mongolia è un innegabile esempio di come non esista un’unica narrazione dell’esperienza umana sulla terra.
MONGOLIA GOBI SCONOSCIUTO in occasio ne del NAADAM (Kel 12)
Partenza 3 luglio 2014
1° giorno – Partenza da Milano per Ulaanbaatar via Berlino.
2° giorno – Ulaanbaatar: visita della capitale e del Museo di Storia Naturale.
3° giorno – La montagna Khogno Khan e le belle dune di sabbia di Elsen Tasarkhai.
4° giorno – La Valle del fiume Orkhon, il canyon e le cascate.
5° giorno – I templi di Erdene Zuu e l’antica Karakorum, la città che, fondata da Gengis Khan, divenne capitale dell’impero mongolo.
6° giorno – I giochi e le celebrazioni per la festa del Naadam a KaraKorum.
7° giorno – Il monastero di Ongiin, ai margini della zona centro settentrionale della regione del Gobi.
8° giorno – Il deserto del Gobi: Bayanzag, “rupi fiammeggianti”, la località nota per i ritrovamenti dei resti di dinosauri.
9° giorno – Khongorin Els: le dune di sabbia più alte del Gobi.
10° giorno – Il Parco Nazionale di Gurvan Saikhan e la Valle delle Aquile.
11° giorno – Tsagaan Suvraga: lo “Stupa Bianco”.
12° giorno – Baga Gazriin Chuluu, la solitaria formazione rocciosa granitica che sorge dalla pianura remota e deserta.
13° giorno – Il Parco Nazionale Khustai che ospita i cavalli selvatici “Thaki”.
14° giorno – Ritorno a Ulaanbaatar e visita del monastero di Gandan, il “luogo immenso della gioia completa”
15° giorno – Partenza per Milano via Berlino.